CENIT portavoz de la regional exterior de la cnt-ait

"SI CADA REFUGIADO ESPAÑOL NARRASE SIMPLEMENTE LO QUE HA VIVIDO, SE LEVANTARÍA EL MÁS EXTRAORDINARIO Y CONMOVEDOR DE LOS MONUMENTOS HUMANOS" FEDERICA MONTSENY, 1978

28 julio, 2006

La solitudine ed il massacro del proletariato in Medio-Oriente



La Conferenza di Roma
La solitudine ed il massacro del proletariato in Medio-Oriente
Li chiamano "morti civili", vittime degli effetti collaterali USA in Iraq, vittime dei bombardamenti israeliani in Palestina ed in Libano, scudi inermi immolati dalla guerriglia Hezbollah nel sud del Libano, casuali agnelli sacrificali di Al Qaeda in Iraq, ignari lavoratori prescelti dai kamikaze di Hamas in Israele, vittime della quotidiana repressione baathista in Siria o della quotidiana repressione degli imam in Iran. In realtà, sono decine di migliaia di uomini e donne, uccisi dalla guerra e dal nazionalismo degli Stati, centinaia di migliaia di sfollati verso una salvezza precaria, appesi ai corridoi umanitari... sotto controllo militare. In realtà sono milioni di uomini e donne, divisi strumentalmente da differenze religiose, etniche, linguistiche, su cui soffia il nazionalismo ed il razzismo militarista degli Stati, impegnati nel ritagliarsi il ruolo migliore all’interno degli interessi imperialistici nell’area. Ecco i grandi esclusi dalla conferenza di Roma. Ecco i diseredati senza rappresentanza, senza potere politico che non siano i capi di Stato, senza potere economico che non siano ancora una volta i capi di Stato, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario e le grandi multinazionali del petrolio in mano alle borghesie arabe ed occidentali. Ecco i lavoratori senza i loro sindacati, più e più volte vietati, repressi e disciolti in tutto il Medio Oriente, fino all’eliminazione fisica dei loro esponenti come Hadi Sahel in Iraq, ucciso nel 2005. Essi non avranno un futuro nel nazionalismo dei loro Stati o aspiranti tali, non saranno liberati dai vecchi arnesi del terzomondismo che ancora oppone un popolo oppresso ad un popolo oppressore, senza riuscire a capire che la vera opposizione è - in ogni paese, in ogni popolo - tra proletariato e borghesia, tra sfruttati e sfruttatori, tra i miseri sfollati allo sbando del sud del Libano ed i ricchi di Beirut sfollati negli alberghi di Damasco, tra i palestinesi d’Israele e con loro gli ebrei africani in fondo alla scala sociale israeliana e la borghesia al potere a Tel Aviv. Non è il sionismo ebraico il nemico del proletariato arabo, non è l’islam sunnita o sciita il nemico del proletariato israeliano, ma le rispettive borghesie nazionali e quelle internazionali. La tragedia del Libano rappresenta l’enormità di questi interessi. Israele deve mantenere i territori conquistati nella guerra del 1982; la Siria sunnita - che non mai lasciato in realtà la sua "colonia" libanese - ne pretende la restituzione ed arma Hezbollah sciita per tenere sotto pressione Israele; Hezbollah forse pensa di aver dato una mano ai Palestinesi distogliendo Israele dal massacro a Gaza, ma in realtà quello che succede a Gaza appare oggi meno importante di quello che accade nel sud del Libano; la Siria sunnita passa dall’alleanza anti-Saddam del 1991 all’alleanza con l’Iran sciita per agganciarsi alla potenza imperialista nascente nell’area in chiave anti-USA tra Iraq e Afghanistan; e dietro tutto in un crocevia di corridoi e di sfruttamento di materie prime negli Stati, tra gli Stati, dell’area medio-orientale e turanica, tutti alla ricerca del miglior interesse e del maggior potere all’ombra dell’imperialismo. Quello statunitense, quello russo, quello cinese, forse quello europeo. Il nuovo governo italiano riesce ad accreditarsi, in forza di una antica reputazione nei paesi arabi, come mediatore credibile utile agli Stati Uniti con Siria e Iran, ma se così facendo riconquista un ruolo in politica estera più consono alla tradizione nazionale, con un filo diretto con la politica estera che fu di Craxi e Andreotti, dopo il lacchettismo dell'ultimo governo, resta assolutamente funzionale agli interessi egemoni americani, tra l'altro con spazi di manovra assolutamente esigui. E intanto a Gaza e in Cisgiordania e nel sud del Libano si continua a morire. Morti civili di una guerra sub-imperialista e non di una guerra di liberazione. La conferenza di Roma ha messo in conto altre vittime; il cessate il fuoco non c’entra nulla con l’umana pietà per lo scempio di vite inermi, deve invece attendere la mediazione tra le borghesie in gioco. I lavoratori libanesi devono attendere, ripararsi e sperare; così i palestinesi e gli israeliani. Ma il proletariato del medio-oriente non può più attendere le conferenze internazionali: è necessario che rinasca una speranza di riscatto, di autonomia, di riaggregazione di classe, attraverso l’opposizione antimilitarista dei refusnik e dei disertori israeliani, attraverso la costruzione della lotta nonviolenta contro il Muro fatta da militanti israeliani e palestinesi insieme, attraverso la rinascita dei sindacati in Iraq e in Siria, attraverso le lotte operaie nei pozzi petroliferi del sud dell’Iraq e dell’Iran, attraverso il superamento delle divisioni religiose ed nazionali. L’unità dei lavoratori è la miglior arma contro le guerre e lo sfruttamento. In medio-oriente come in tutto il mondo. Un nuovo internazionalismo, di classe e solidale, è sempre più urgente.
FEDERAZIONE DEI COMUNISTI ANARCHICI
28 luglio 2006